Architettura
Le Origini del Sacro Eremo Di Montesenario
Non resta alcuna traccia della domunculao habitaculum, la modesta abitazione che, secondo il racconto della Legenda de origine (41 e 44), fu costruita dai primi padri appena giunti sul Monte. La storiografia del Cinquecento ha incominciato a parlare di cellette separate, dove ciascuno dei Sette avrebbe dimorato in penitenza e preghiera per poi riunirsi con gli altri nell’oratorio per la liturgia comune. L’idea è ripresa anche dal prologo delle Costituzioni eremitiche.
Della chiesa quattrocentesca, oltre a un monumento sepolcrale di cui si dirà, rimane l’altare con la mensa di pietra e le due colonnine anteriori, riportato alla luce nel 1969, in seguito ai lavori di sistemazione del presbiterio.
Al secolo XV appartiene anche il chiostrino con dieci colonne (se ne vedono attualmente otto), con capitelli floreali, con il cortile e il pozzo al centro per la raccolta dell’acqua piovana.
Una loggia, con colonne più piccole, correva sopra tutti e quattro i lati del chiostro; ne rimane la parte orientale con tre colonnine; altre due restano incorporate nella parete di una stanza interna del convento e nel muro esterno destro della chiesa. Nel Settecento il chiostro fu chiuso e così anche la loggia superiore per ricavarvi nuovi ambienti.
Un’opera importante è la grande cisterna iniziata nel 1602 con Ferdinando I Medici e ultimata nel 1622 costruita con il contributo di Ferdinando II. Dalla sovrastante terrazza, con il pozzo al centro, si ammira un ampio panorama.
Tramite il Ricciolini, che aveva dimorato per qualche tempo a Camaldoli, lo spirito delle consuetudini camaldolesi è presente a Monte Senario nella forma dei due romitori, nella costruzione del monastero di San Martino e nella cura speciale data al bosco che circonda l’eremo. Il 18 maggio 1601 «si diede principio alla cella che è sotto la grotta del Beato Alessio».
La costruzione termina il 23 gennaio 1603. Il primo eremita a chiedere di esservi recluso è fra Angelo Maria de Medici . Nel settembre 1603 va a visitarlo il granduca, che era venuto all’eremo per la messa, ma «non li volse parlare per non li far rompere il santo silentio».
Ancora oggi il romitorio accoglie per brevi periodi persone desiderose di vivere giornate di ritiro, di silenzio, di solitudine e di preghiera.
Sul modello di Camaldoli– viene anche ideato e costruito il “monastero di san Martino”. La prima pietra fu posta il 14 aprile 1603. L’intenzione era quella di costruire un’abitazione separata per i visitatori e per gli addetti ai lavori dell’eremo, nonché l’infermeria per quegli eremiti ammalati che non potevano osservare la perpetua astinenza dalle carni.
Perché potessero ancora esercitare, nei limiti della loro condizione, le opere di pietà che si svolgevano all’Eremo, sopra la porta della chiesa era stato costruito il coro in modo che fosse facilmente accessibile dalle stanze. Il monastero di S. Martino fu abitato per una quarantina di anni; fu poi necessario abbandonarlo a causa dell’aria non buona per gli ammalati.
Nel 1933, settecentesimo anniversario della fondazione dell’Ordine, fu inaugurata la cappella dei Sette Santi, costruita nell’antico noviziato degli Eremiti ormai fatiscente, ad opera di Giuseppe Cassioli (1865–1942) insieme al padre architetto. La cappella in stile gotico è interamente affrescata sulle pareti e sulle volte con episodi della vita dei Sette Santi e gli sviluppi successivi dell’Ordine. L’altare, in marmo bianco di Carrara, contiene l’urna in bronzo dorato che racchiude le reliquie dei Sette Fondatori.